Mulligan Concept

Mobilizzazioni con movimento

L’uso della tecnica di Mulligan nel campo delle lesioni osteo-muscolo-articolari  sta diventando popolare nel campo della terapia manuale nei paesi anglosassoni, questa tecnica venne pionierizzata da Brian Mulligan nei primi anni  70.

 

Il principio fondamentale su cui si basa è la combinazione della mobilizzazione passiva, eseguita dal terapista, con il movimento attivo, eseguito dal paziente per il recupero di range articolare perso o ridotto (Mulligan 1991). Le tecniche sono tutte senza dolore, in questo modo sono completamente sicure ed apprezzate dal paziente.

Inizialmente venne usata per la colonna cervicale (Nags, Snags), ma ben presto si è estesa a tutte le articolazioni  spinali ed a quelle  degli arti superiori e inferiori (MWMs).Tabella 1

 

Una regola importante è quella del riposizionamento articolare del movimento accessorio ad angolo retto o parallelo all’articolazione, mentre il paziente esegue il movimento fisiologico.

Oltre ad essere utilizzata per il recupero del range articolare, perso o ridotto, sipuò applicare inoltre per cercare di ridurre la sintomatologia dolorosa muscolare o tendinea periarticolare presente alla contrazione isometrica (Mulligan 1995; Vincenzino & Wright 1995).

 

 

MECCANISMO PROPOSTO

Mulligan (1995) crede  che ci siano principalmente due problemi che possono causare dolore e riduzione di range articolare; il primo è un errore  di posizionamento delle superfici articolari, il secondo è un errore di “traiettorie” durante l’esecuzione del movimento attivo. I lavori di Stokes & Young (1984), Schaible & Grubb (1993) hanno dimostrato che per un corretto reclutamento muscolare è necessario una giusta correlazione di rapporti articolari e che quindi un range di movimento può essere influenzato e ridotto da un riflesso muscolare , il quale previene un maggiore danno articolare bloccando l’articolazione a metà range.

Il meccanismo proposto è quello di un trattamento diretto alla correzione dei rapporti articolari  che possa avere un effetto sull’attività muscolare e viceversa. Da una serie di esperimenti elettromiografici, Thabe (1986), Taylor (1994) Murphy (1995) dimostrano che la mobilizzazione e la manipolazione articolare hanno un effetto sull’attività muscolare.

Baxendale & Ferrel (1981) e Lundeberg (1979) hanno dimostrato che il movimento passivo alla fine del range ha un riflesso inibitorio sull’attività muscolare intorno all’articolazione mobilizzata.

Gerrad & Matyas (1980) di contro dimostrano che non c’è nessun cambiamento nell’attività muscolare attraverso la mobilizzazione eseguita nella parte di range libero. Questo sembra indicare che la mobilizzazione per avere il suo effetto sul riflesso muscolare deve essere eseguita nella parte di range resistente, e che tale mobilizzazione non deve provocare dolore al paziente in quanto questo avrebbe un effetto negativo sull’attività muscolare stessa. Cobb (1975) .

Tutto ciò è dimostrato clinicamente, nel momento in cui la mobilizzazione è esercitata troppo violentemente ne risulta uno spasmo muscolare protettivo articolare.

 

 


 

MOBILIZZAZIONE

La combinazione della mobilizzazione passiva con il movimento attivo è un nuovo approccio in terapia manuale.

Le superfici articolari non sono congruenti tra loro, necessitano perciò, per un loro corretto funzionamento, una combinazione di rotazione e scivolamento. L’approccio di Mulligan pone particolare attenzione al riequilibrio e recupero della componente di scivolamento nel ristabilire la funzionalità del  movimento  dell’articolazione precedentemente sintomatologica.

Generalizzando le superfici articolari sono composte da una parte concava e da una convessa, quando è la parte convessa che si muove lo scivolamento articolare è secondo la legge concavo-convesso di Kalteborn in direzione opposta al movimento: un esempio è l’abduzione scapolo-omerale in cui il braccio si muove verso l’alto e contemporanemente la testa omerale scivola in direzione opposta; con il movimento della parte concava lo scivolamento articolare è nella stessa direzione del movimento: un esempio è la flessione tibio-femorale in cui con la flessione della tibia il piatto tibiale si sposta nella stessa direzione del movimento. Fig.1

 

TRATTAMENTO

Il presupposto su cui si basa il trattamento è quello del recupero della funzionalità attraverso il riposizionamento articolare combinando il movimento fisiologico eseguito attivamente dal paziente con la mobilizzazione passiva esercitata dal terapista sulla componente accessoria del movimento stesso.  Durante la manovra il paziente non deve percepire alcuna sintomatologia dolorosa, se questa si dovesse presentare, il terapista deve o interrompere la manovra che sta eseguendo perché essa non è adatta o modificarla cercando di trovare l’angolo funzionalmente corretto per tale escursione articolare.

Il  glide correttivo, che dà un’immediata e drammatica libertà di range articolare e di riduzione di sintomatologia dolorosa, è ad angolo retto o parallelo rispetto al glide naturale di scivolamento per le articolazioni periferiche, mentre è parallelo ai piani di scivolamento articolare per le articolazioni spinali. Fig. A

Il glide  deve essere mantenuto  passivamente mentre il paziente esegue il movimento attivamente nella direzione della limitazione.

 

Esempi:

1) ad angolo retto rispetto all’articolazione

il glide mediale o laterale della tibia è ad angolo retto rispetto al femore mentre il paziente esegue il movimento di flesso estensione.  Fig. 2

2) seguendo la legge concavo-convessa proposta da Kalteborn,

il glide è nella stessa direzione del movimento se è la parte convessa a muoversi, mentre è nella direzione opposta se è la parte convessa. Fig. 3,4.

 

Una volta che il movimento limitato è stato identificato e il corretto glide viene scelto, il terapista dovrà decidere se eseguirlo con o senza peso corporeo. Tutto ciò dipenderà dalla severità, irritabilità e natura della condizione patologica. Maitland (1991). In  modo tale che i risultati ottenuti in posizione funzionale sono mantenuti molto piu’ facilmente ed a lungo rispetto alle convenzionali mobilizzazioni, specialmente spinali, le quali perdono parte della loro efficacia nel momento in cui il paziente riacquista la posizione eretta. Ci offrirà inoltre il  vantaggio di valutare immediatamente l’efficacia della manovra che si sta eseguendo, in modo tale da poterla modificare ed adattare istantaneamente alle mutevoli posizioni articolari funzionalmente corrette.

 

RISULTATI

I risultati che si ottengono attraverso l’approccio di Mulligan variano in base alla severità , irritabilità e natura della patologia e al tipo di articolazione coinvolta.

L’indicazione del trattamento si ha nelle patologie neuro-osteo-muscolari infiammatorie come il gomito del tennista o nelle sindromi da impingement nella spalla dolorosa.

Nelle patologie degenerative, come l’artrosi dell’anca e del ginocchio, in cui la problematica maggiore è la perdita del range articolare, si ottiene un netto miglioramento dell’escursione articolare e della riduzione del dolore.

Il trattamento sulla colonna ha la sua applicazione nelle patologie discali con irritazione radicolare e nelle sindromi delle faccette articolari.

Se c’è  indicazione del trattamento, i  risultati spesso sono miracolosi, in quanto con un numero limitato di sedute si riesce a restaurare una normalità funzionale persa anche da molti anni.

Cosa di notevole importanza è la verifica del trattamento che si sta eseguendo, verifica che va effettuata non solo alla fine della manovra stessa, ma anche durante l’esecuzione in modo tale da adattarla alle diverse e continue modificazioni dei rapporti articolari.

La correzione di tali rapporti, ottenuta attraverso la combinazione della mobilizzazione passiva esercitata dal terapista e del movimento attivo del paziente, ha come risultato un rapido recupero della piena funzionalità articolare e muscolare.

Tabella 2.

 

BIBLIOGRAFIA

Baxendale R H, Ferrell W R 1981:The effect of knee joint discharge on trasmission in flexion pathways in decerebrate cats. Journal of Physiology 315:231-242.

 

Cobb C R,De vries H E Urban R T, Leukens C A,Bugg R J 1975 :Electrical activity in muscle pain.American Journal of Phisical Medicine 54. 80-87.

 

Gerrad B ,Matyas T A1980 :The electromyographic evaluation of an intervertebral mobilisation technique on cases presenting with acute paraspinal spasm in the lumbar spine:IN :Proceedings of the Second Manipulative Therapists Association of Australia Conference, Adelaide p.35 –55.

 

Kaltenborn F M 1989 Manual Mobilisation of the Extremity Joints, 4thedn.Orthopaedic Physical Therapy Products,U S Ap 11,20.

 

Maitland G D 1991 Pheripheral Manipulation 2nd edn. Butterworths, London p 23.

 

Mulligan B R 1993 Mobilisation with Movement. Journal of Manual and Manipulative Theraphy 1(4): 154-156.

 

Mulligan B R 1995 Manual Theraphy ‘Nags’, ‘Snags’, ‘Mwm’, 3rd edn. Plane View Services, New Zeland .

 

Murphy B A , Dawson N J , Slack J R 1995 Sacroiliac joint manipulation decreases the H-reflex.Elecrtomyography and Clinical Neurophysiology 35: 87-94.

 

Schible H , Grubb B 1993 Afferent and spinal mechanism of joint pain . Pain 55 :5-54.

 

Stokes M, Young A 1984 The cointribution of reflex inhibition to arthrogenous muscle weakness. Clinical Science 67:7-14.

 

Taylor m, Suvinen T ,Rheade P1994 The effect of Grade 4 distraction mobilisation on patient with temporomandibolar pain dysfunction disorder. Physiotherapy Theory and Pratice 10: 129-136.

 

Thabe H 1986 EMG as a tool to document diagnostic findings and therapeutic results associated with somatic dysfunction in the upper cervical spinal joints and sacroiliac joint. Manual Medicine 2: 53-58.

 

Vincenzino B ,Wrigth A 1995 Effects of a novel manipulative physiotherapy technique on tennis elbow : a single case study Manual Therapy 1 (1): 30-35.

 

Tabella 1

NATURAL APOPHISEAL GLIDES (NAGs)

Sono eseguite da metà o alla fine del range, sono usate per incrementare i movimenti spinali e diminuire la sintomatologia dolorosa.

 

SUSTAINED NATURAL APHOPHYSEL GLIDES ( SNAGs)

Mobilizzazioni passive delle faccette articolari mantenute al limite del range accessorio mentre il paziente esegue un movimento attivo senza dolore seguito da una overpressure

 

MOBILISATION WITH MOVEMENT (MWMs)

Sono usate per le articolazioni periferiche ,combinano la mobilizzazione passiva con il movimento attivo

 

Tabella 2

  • Eseguite con peso corporeo
  • Combinazione movimenti attivi e mobilizzazioni passive
  • Eseguite secondo il piano di allineamento articolare
  • Vengono mantenute
  • Applicate a tutte le articolazioni
  • Regola del non dolore
  • Sempre alla fine del range
  • Modificazione ed adattabilità istantanea
  • Risultati immediati

 

 

 

PAROLE CHIAVE:

-         MOBILIZZAZIONI CON MOVIMENTO

-         RIPOSIZIONAMENTO ARTICOLARE

-         GLIDE

 

 ABSTRACT

 

Brian Mulligan ha introdotto, negli anni ’70, l’uso della tecnica delle mobilizzazioni con movimento che  consiste nel riposizionamento articolare passivo combinato con il movimento attivo del paziente. Tale tecnica viene  utilizzata per il recupero del range articolare e per ridurre la sintomatologia dolorosa periarticolare e si ottiene un recupero immediato della funzione lesa.

La teoria della tecnica ed i principi d’intervento vengono proposti sia per le articolazioni periferiche che per quelle spinali.